venerdì 21 maggio 2021

Demolire il paesaggio italiano al grido "salviamo il pianeta"

Purtroppo è così, al grido "salviamo il pianeta" stiamo per demolire il paesaggio italiano che tutto il mondo ci invidia. A breve il "sogno green" diventerà l'incubo delle nostre aree verdi che capitoleranno sotto la spinta dell'eolico industriale e dei mega impianti fotovoltaici. Le sopraitendenze verranno zittite e imbavagliate, con buona pace dell'articolo 9 della Costituzione Italiana... Il primo attacco avverrà sullo spartiacque sopra Marradi, ma in definitva tutto l'Appennino rischia di soccombere allo sfregio del cemento e dell'acciao in nome della green economy. L'energia rinnovabile va cercata in modo diverso, non con torri alte 170 metri visibili a decine di chilometri di distanza che coleranno milioni di metri cubi di cemento, randendo al suolo ettari di faggete, tagliando sorgenti, causando frane e devastando aree naturali dagli equilibri fragili... Io non voglio lasciare tutto ciò in eredità a figli e nipoti...
[ E.Montanari ]

Quod tu es, ego fui. Quod nunc sum, tu eris

Noi fummo come voi siete, voi sarete come noi siamo. Il memento mori urlato dallo straziato paesaggio dell’Irpinia orientale, nell’altopiano del Formicoso, è rivolto ai viandanti di tutto l'Appennino, su cui incombe la stessa iniqua, assurda, inevitabile condanna all'impalamento eolico. Ciò grazie ai recenti orientamenti governativi, ispirati al peggior ambientalismo catastrofista, che si sono concretizzati nella bozza di decreto "Semplificazioni ambientali" inviata due settimane fa dal ministro della "Transizione ecologica" Cingolani a Palazzo Chigi per una rapidissima approvazione. Noi però ci attendiamo che vengano sollevate da Draghi delle obiezioni ispirate al puro buon senso, prima ancora del richiamo ai principi costituzionali. Sperando di fare cosa gradita e di contribuire ad una corretta valutazione della posta in gioco, mettiamo questi filmati a disposizione del capo dell'Esecutivo, su cui incombe una responsabilità storica - il millenario paesaggio italiano che tutto il mondo ci invidia - ben maggiore di quella dello sfruttamento insensato e predatorio del Recovery fund. 

"Basta coi no e le lungaggini", "fate presto", "dobbiamo salvare il Pianeta!". E' questo il senso più profondo (...) dell'incombente decreto ministeriale concepito dal neonato ministero della "Transizione ecologica", affidato a Roberto Cingolani, che in pochi anni, per potere usufruire dei fondi (presi a prestito!) messi a disposizione dall'Ue, ricoprirà i crinali italiani di pale eoliche come già avvenuto sull'Appennino tra Foggia, Avellino e Benevento.

Ciò grazie ai recenti orientamenti governativi, ispirati al peggior ambientalismo catastrofista, che si sono concretizzati nella bozza di decreto "Semplificazioni ambientali" inviata due settimane fa dal ministro della "Transizione ecologica" a Palazzo Chigi per una rapidissima approvazione.

Dal Giogo di Corella a Poggio al Tiglio :




Il Mugello sarà la prima vittima. Nel filmato qui sopra potete vedere dall'alto il tratto del crinale spartiacque, lungo cinque chilometri,



su cui si vogliono collocare le otto pale eoliche dell'Agsm Verona (Verona? Che c'entra Verona col Mugello? In provincia di Verona non ci sono forse crinali dove la locale municipalizzata può far quattrini con gli "incentivi" pubblici?). Aerogeneratori, per intenderci, alti complessivamente quasi 170 metri, secondo il famigerato progetto, il cui iter continua a procedere nonostante tutte le evidenze contrarie, che il filmato lascia intuire. Questo progetto, come candidamente ammesso dal proponente, sarà l'apripista del mutamento della sorte dei crinali mugellani, destinati a diventare un'area industriale priva di operai.

Invito a guardare prima questo video - a giusta ragione realizzato privo di commenti in voce del tutto superflui - che mostra dall'alto come appare adesso il crinale interessato dagli appetiti dell'Agsm Verona, poi a guardare, qui sotto, l'altro breve video dell'Irpinia orientale (l'altopiano del Formicoso) ed infine a fare due più due, per rendersi conto di che cosa diventerà il Mugello dopo il passaggio delle ruspe e delle betoniere di questi "salvatori del Pianeta" e dei loro troppi fiancheggiatori. E, dopo il Mugello, che cosa diventerà l'Italia intera.

 

   

Noi però ci attendiamo che vengano sollevate da Draghi delle obiezioni ispirate al puro buon senso, prima ancora del richiamo ai principi costituzionali. Sperando di fare cosa gradita e di contribuire ad una corretta valutazione della posta in gioco, mettiamo questi filmati a disposizione del capo dell'Esecutivo, su cui incombe una responsabilità storica - il millenario paesaggio italiano che tutto il mondo ci invidia - ben maggiore di quella dello sfruttamento insensato e predatorio del Recovery fund.

LINK A RETE RESISTENZA CRINALI


martedì 26 maggio 2020

VERGOGNOSO PROGETTO : Il paesaggio di Giotto, del Beato Angelico o... il paesaggio dell'AGSM Verona Spa?


Il nuovo impianto eolico progettato da AGSM sul monte Giogo di Villore, nel Mugello, è previsto sul crinale appenninico principale in provincia di Firenze, nei comuni di Vicchio e Dicomano. L'impianto avrebbe una potenza di 29,6 MegaWatt, distribuita fra otto turbine di altezza, al mozzo, fra i 95 e i 99 m, cui si aggiungono eliche fra i 65 e i 70 m. Otto giganti rotanti, da vero e proprio girone dantesco (Dante frequentò molto i monti fra Firenze e la Romagna), alti più o meno 168 metri, cioè come un grattacielo di 55 piani, destinati a divenire, per sempre, la corona di spine dei contesti di Giotto e del Beato Angelico (che a Vicchio sono nati), e a fare da sfondo al paesaggio toscano, almeno del medio Valdarno fino alle porte di Firenze, ai monti del Chianti, al Pratomagno e ovviamente a tutto il Mugello e al suo Appennino, Falterona compresa, ma anche alla Romagna. Un progetto persino più irrazionale del solito anche dal punto di vista energetico, in un'area senza vento sufficiente. Perché allora questo progetto, e perché in Toscana? Abbiamo un sospetto: non è più un mistero per nessuno che AGSM, in sinergia con la sua omologa vicentina AIM, stia cercando partnership (o fusioni?) con multiutility più robuste (A2A? Hera?), che le consentano di reggere di fronte alle sfide del settore. L'autorizzazione a un impianto del genere sarebbe una dote assai significativa per una sposa desiderosa di convolare a nozze vantaggiose con un buon partito.


Ormai dovrebbero essere evidenti la stupidità e l'insensatezza della scelta di inseguire la domanda di energia elettrica installando centrali che ne producono... quando capita: quando, cioè, capita che ci sia del vento utile.
Eppure sono tornati a spuntare gli anemometri nell'Appennino ToscoRomagnolo. Per la precisione sul Monte Giogo di Villore, sul crinale mugellano.
Perché? Perché i prenditori eolici (no, non è un refuso, non sono veri e propri IM-prenditori) continuano a “spingere” per spuntare (ancora!) ulteriori “incentivi”, o “contributi”, tramite le rispettive lobby “chiagni e fotti”, forti di decine di miliardi di euro di profitti incassati da 10 e più anni in qua, e delle loro “pressioni” a Bruxelles e a Strasburgo (ma anche a Roma, e sui media mainstream). Forse contano sulle finanze pubbliche (esangui) per alimentare i loro investimenti o, più facilmente, presuppongono che se ne debbano fare carico (ancora più di ora) gli utenti elettrici: cioè chi, come noi, le bollette DEVE pagarle (altrimenti ci si trova con la corrente staccata), anche quando la nostra famiglia, o la nostra azienda, è in... bolletta. Essere in bolletta, da dodici anni in qua, succede sempre più spesso, proprio anche grazie a chi ci dissangua, privatizzando profitti e socializzando oneri. Eppure, i nostri intrepidi industriali eolici insistono a... chiedere: anche ora che, a dissanguarci, a loro si sono affiancati gli effetti della pandemia. Potremmo intanto chiederci, o magari chiedere loro, nelle tasche di CHI sono andate (e continueranno ancora ad andare, per anni), le decine di miliardi di euro degli incentivi che GIA' stiamo pagando, occultati fra gli “oneri di sistema”.

Da più parti, soprattutto dalle parti di chi è più sveglio, come qui, si intuisce però che, nel caso specifico del Monte Giogo di Villore, le motivazioni dell'anemometro, e del progetto che ne è seguito, vanno probabilmente al di là della semplice prospettiva (o speranza) di nuovi e futuri incentivi.
Per ipotizzare un serio PERCHE', dobbiamo considerare prima di tutto CHI ha presentato il progetto: AGSM Verona Spa, la multiutility al 100% in mano al Comune di Verona.
E consideriamo poi DOVE, è stato presentato: alla Regione Toscana.
Per arrivare a ipotesi plausibili occorre procedere con ordine.
Il monte Giogo di Villore, con la centrale eolica che vi è prevista, si trova sul crinale appenninico principale intercettato dal territorio della provincia di Firenze, più precisamente dei comuni di Vicchio e Dicomano. L'impianto eolico progettato da AGSM avrebbe una potenza di 29,6 MegaWatt, distribuita fra otto turbine di altezza, al mozzo, fra i 95 e i 99 m, cui si aggiungono eliche fra i 65 e i 70 m. Otto giganti rotanti, da vero e proprio girone dantesco (Dante frequentò molto i monti fra Firenze e la Romagna), alti più o meno 168 metri, cioè come un grattacielo di 55 piani, destinati a divenire, per sempre, la corona di spine dei contesti di Giotto e del Beato Angelico (che a Vicchio sono nati), e a fare da sfondo al paesaggio toscano, almeno del medio Valdarno fino alle porte di Firenze, ai monti del Chianti, al Pratomagno e ovviamente a tutto il Mugello e al suo Appennino, Falterona compresa, ma anche alla Romagna. Se infatti, da crinali appenninici romagnoli di quota anche più modesta di quella del Monte Giogo di Villore, si inquadra il mare Adriatico, distinguendo il grattacielo di Cesenatico (che è alto meno di 120 m e almeno... è fermo), è chiaro che le otto turbine (alte, ciascuna, il doppio del campanile di Giotto), potranno fare da “decoro” anche allo skyline della città di Ravenna, dove Dante Alighieri riposa. A meno che la sagoma di Monte Lavane, almeno in parte, non riesca a fargli da foglia di fico.

E questo sacrificio paesaggistico (tralasciando quello avifaunistico, acustico, idrogeologico e così via...) in cambio di quanta energia sarà realizzato? Quanto territorio vedrà soddisfatto il suo fabbisogno elettrico?
Secondo ASGM, i 29,6 MegaWatt di potenza installata produrranno 80.000 MegaWattOra di energia elettrica, coprendo il fabbisogno delle utenze (definite “civili” sulla Relazione Generale di progetto) corrispondenti a 100.000 “persone” (sempre secondo AGSM): “più dell'intero Mugello”, è la trionfale conclusione dei calcoli di AGSM.
Parliamone un attimo.
Facciamo i conti tenendo a riferimento il dato della potenza elettrica, che (per chi ha poca dimestichezza con l'elettrotecnica) si può definire come l'energia elettrica prodotta nell'unità di tempo, cioè, convenzionalmente la singola ora: più un impianto è potente, più energia produce in un'ora.
Come si vede dal suo stesso sito (ci siamo fatti uno screenshot di questa pagina, sai mai che qualche manina la vada a modificare...), come si vede dal suo sito, dicevamo, AGSM ama infatti riferire l'entità della sua produzione elettrica al numero di “famiglie” rifornite: cioè, in altre parole, di utenze domestiche.
Prendiamo i dati di potenza installata delle centrali eoliche di AGSM, e quelli dei fabbisogni delle singole “famiglie” che asserisce di soddisfare: AGSM stessa dimostra di ritenere che, in media, 1,4 kiloWatt di eolico siano sufficienti a coprire il fabbisogno di una singola utenza elettrica domestica. (Questo, già in linea di principio, ci lascia un attimo perplessi, visto che l'utenza domestica media impegna in media 3 kiloWatt di potenza: accettiamo però il presupposto. E partiamo anche dal presupposto che quando si consuma corrente in un eventuale seconda casa, cioè in una seconda utenza elettrica, si risparmi nella prima.)
Bene, visto che per l'impianto del Giogo di Villore si prevede una potenza di 29,6 MegaWatt (siamo... magnanimi, arrotondiamo a 30 MegaWatt, vale a dire 30.000 kiloWatt), il calcolo delle “famiglie” rifornite consisterebbe nella divisione 30.000 kiloWatt / 1,4 kiloWatt = 21.500 “famiglie” (quasi).
Di quante persone è costituita mediamente una famiglia? Cioè, quante persone attingono mediamente energia elettrica da una singola utenza “familiare”?
Nel 2018, la famiglia toscana media risultava composta da 2,25 componenti...con la tendenza alla diminuzione, crisi o non crisi.
21.500 famiglie corrispondono quindi a circa 48.000 persone (21.500 x 2,25 = 48.375)
48.000 persone sono un po' meno di 100.000. Meno della metà.
Bene, qualcuno dirà che abbiamo sbagliato a riferirci al dato di potenza installata. Giusto o sbagliato che sia, è lo STESSO criterio usato da AGSM stessa sul proprio sito. AGSM stessa ci autorizza quindi a NON credere ai suoi stessi dati.
Comunque AGSM asserisce di poter immettere in rete 80 Gwh (GigaWattOra) di energia elettrica in un anno.
Il calcolo con cui AGSM arriva a ipotizzare l'energia elettrica prodotta da cotanta potenza installata è un po'... misterioso. La relazione anemologica (quella che illustra i risultati degli studi sulla ventosità dei sito), pur se redatta, NON è stata resa pubblica con gli altri dati del progetto. Come diceva Dante, “vuolsi così colà dove si puote, e più non dimandare”. Questa non è però una sorpresa per chi ha già visto progetti analoghi: di norma i proponenti chiedono, all'ente competente all'autorizzazione, di coprire tali studi con il segreto industriale...
Da Verona potrebbero provare a convincerci che però, rispetto agli altri suoi impianti eolici, questa volta sarà... diverso (come giura chi non smette comunque mai di tradire la fiducia della propria fidanzata): sì, perché magari queste nuove turbine (quali?) sfruttano meglio ogni refolo di vento.
Bene, facciamo gli avvocati del diavolo e assumiamo per buona la promessa di produzione di energia di AGSM.
80 Gwh, per nostra comodità di calcolo, corrispondono a 80.000 MegaWattOra. Il dato, rapportato alla potenza dichiarata (29,6 MW), presuppone un funzionamento per 2.700 ore-equivalenti/anno. Neanche se fossimo sull'Appennino Dauno... E' quasi il doppio delle ore-equivalenti/anno a cui “gira”, mediamente, ciascuno degli impianti (AGSM) di Casoni di Romagna e del Carpinaccio, e non è comunque paragonabile alla resa che questi due impianti avessero se le rispettive turbine fossero alte il doppio.
E chi, in virtù dell'accessibilità che gli deriva dalla carica politica di qualche suo componente, ha potuto leggere la relazione anemologica, ci conferma che la ventosità, sul Monte Giogo di Villore, è tutt'altro che speciale.
Ma c'è un argomento in più da non dimenticare.
Quando AGSM “mostra i muscoli” con il numero di “famiglie” a cui assicura la fornitura di corrente elettrica, di norma dimentica (oppure omette) un paio di considerazioni.
1) In Italia, i consumi elettrici domestici incidono per un valore che oscilla, appena, fra un quinto e un sesto dei consumi totali, a parità di territorio: il resto (cioè l'80-84%) è assorbito dalle utenze commerciali, artigianali, industriali, agricole. Chiunque, oltre a pagare la bolletta di casa, debba pagare quella del proprio negozio (o della propria officina o del proprio stabilimento), conosce bene le differenza di potenza impegnata e di consumi, e sa bene di quanta elettricità in più ha bisogno nel proprio lavoro, rispetto all'esigenza di accendere, a casa, la lavatrice, il phon o l'aspirapolvere.
(La differenza fra il 17 e il 20% dipende dall'intensità delle attività economiche della singola porzione di territorio: certo un comune dell'hinterland industriale lombardo ha un'incidenza relativamente minore di consumi domestici rispetto a un comune calabrese di pari popolazione).
Quindi, chi assicura di coprire il fabbisogno domestico ammette di coprirne una quota minoritaria. Ed è quindi fantascienza che il Mugello, con le sue attività (grazie al cielo...) possa raggiungere l'indipendenza energetica grazie a grottesche quanto immani ventole, Carpinaccio compreso...
2) Come la mettiamo con l'intermittenza e la non programmabilità della produzione elettrica eolica? In altre parole, quando c'è “bonaccia” (tipicamente in gennaio o in luglio, mesi nei quali, per un motivo o un altro, la richiesta di energia elettrica è più elevata che nel resto dell'anno), come fanno, le “famiglie” italiche, a vedere le proprie esigenze di energia elettrica soddisfatte da turbine che non girano, o non girano a sufficienza?
Di fronte a questa seconda considerazione dobbiamo però riconoscere che AGSM fornisce una risposta che, in creatività, le supera tutte.
Immaginate di aver voglia di fare il sugo e di voler comprare della carne di manzo.
Andate dal macellaio, gliela chiedete, e lui vi risponde che, d'ora in avanti, da lui dovrete comprare solo insetti da frittura.
Perché, gli chiedete, comprensibilmente perplessi?
Perché questi ho, vi risponde.
In pratica il macellaio presuppone di poter continuare a rimanere sul mercato pretendendo che nelle vostre abitudini alimentari vi facciate carico di una transizione (ricordiamoci questo vocabolo, “transizione”).
E' ESATTAMENTE ciò che AGSM chiede di fare agli utenti elettrici italiani: cambiare le proprie abitudini, adattandosi alle di lei esigenze.
Non ci credete?
Andate leggervi, cercando con questo link all'apposito sito della Regione Toscana, la Relazione Generale di progetto.
AGSM è ben consapevole del fatto che la produzione di energia eolica sia ancor più intermittente e meno programmabile di quella fotovoltaica, e che il problema dell'accumulo di energia elettrica sia ben lontano dalla soluzione, se non per quantità minime, e quindi periferiche. E quindi mette le mani avanti scrivendo, a pagina 16 della Relazione Generale: “Le FER FV e eolico, a cui è affidato il ruolo più importante della transizione, non sono programmabili! Non sarà quindi più possibile regolare il sistema elettrico 'accendendo e spegnendo' le centrali in funzione della curva della domanda, come di fatto avviene dall’inizio del ‘900 ad oggi. Si dovrà procedere a far coincidere ogni istante curva della domanda e curva della produzione (…) ossia facilitare ed incentivare i consumatori finali a modificare la propria curva di prelievo di energia in funzione della disponibilità della generazione. (…) In sintesi: il sistema elettrico va completamente ribaltato: deve passare da 'inseguimento della domanda' a 'inseguimento della generazione'. E’ un po’ come se dovessimo da ora innanzi camminare sulle mani e non più sui piedi!”.
Vi giuriamo: queste cose non le abbiamo scritte noi, ma i progettisti di AGSM.
Possiamo quindi immaginarci una scenetta.
Un qualsiasi imprenditore del commercio domanda all'industriale eolico: “Scusi, devo tenere accesi i frigoriferi del mio esercizio di vendita – sa, il pesce mi va a male: ne ha corrente da darmi? Ho poi da accendere luci e aria condizionata, altrimenti i clienti non vengono a fare la spesa: quando ne avrebbe di corrente a sufficienza?
Risposta dell'industriale eolico: “Beh guardi, stando al meteo, fra un due o tre giorni in Italia ci dovrebbe essere un po' di bora sufficiente – che culo, se era scirocco ce ne facevamo poco – ecco, può provare a chiedere ai suoi fornitori e ai suoi clienti di coordinarsi col meteo...
Oppure, proviamo a metterci nei panni di un piccolo industriale:
Guardi, ho un ordine per 200.000 pezzi di minuteria in acciaio fatti così e così, il mio cliente ne ha urgenza per montare la sua componentistica. Posso accendere il tornio?
No guardi, fino a sabato notte non se ne parla, c'è qui un'afa che si taglia col coltello. Veda un po' lei...”
“Eh, però mica posso tirar giù dal letto i miei dipendenti il sabato notte...
Ah, faccia lei, noi qua siamo messi così...

Perché allora questo progetto, e perché in Toscana? A noi viene da pensare che, ad AGSM, del vento di quel crinale importi piuttosto poco. Anche perché... è poco, e, carte alla mano, lo si potrà dimostrare con chiarezza... a luogo e tempo debito (se questo, beninteso, non urta qualche primadonna locale). Anzi, ad AGSM, secondo noi, di quelle scorreggine da neonato che valicano il locale crinale appenninico non gliene importa proprio niente, così come del crinale in sé, delle sue pendici, della sua fauna, delle sue faggete, dei suoi silenzi, delle sue risorse idriche, dei suoi sentieri, ma anche dei paesaggi giotteschi e del Beato Angelico. E neppure gli importa di alimentare il rischio di un collasso della rete elettrica (si chiama “black out”, per chi ama gli slogan), visto che quello rischiamo, a forza di immettere in rete energia da fonti non programmabili e intermittenti.
Cosa sta a cuore (almeno nella nostre impressioni), a questa azienda di Verona?
Bene, non è più un mistero per nessuno che AGSM, in sinergia con la sua omologa vicentina AIM, stia cercando partnership (o fusioni?) con multiutility più... robuste (A2A? Hera?), che le consentano di reggere di fronte alle “sfide” del settore: l'autorizzazione a un impianto del genere sarebbe una “dote” assai significativa per una sposa desiderosa di convolare a nozze vantaggiose, ma senza troppi rischi di sottomissione, con un buon “partito”.


E perché la Toscana? Teniamo presente una cosa: da ormai vent'anni, a nord dell'Appennino, le costellazioni di aziende locali “municipalizzate” (di erogazione di gas e acqua potabile, di raccolta e gestione dei rifiuti comunali con relativi “termovalorizzatori”, di produzione di energia, di conduzione delle reti fognarie e trattamento dei relativi reflui e fanghi - con tutto l'indotto di pianetini e satelliti delle relative manutenzioni e degli annesse attività commerciali) hanno iniziato a coagularsi in galassie organizzate di gigantesche multiutility (Iren, A2A, Hera). Che, a sud del crinale vedono praterie da conquistare, almeno fino ai territori presidiati, o assediati, dal sudest della Toscana, da ACEA, “in agguato” (o presunto tale) da Roma.
Non ci sorprenderebbe, cioè, che l'intento di AGSM fosse quello di presentarsi al matrimonio facendo pesare le sue “entrature” oltre Appennino.
Entrature? Per AGSM la conquista dell'Eldorado toscano è iniziata da più di dieci anni, con gli impianti eolici del Carpinaccio, di Monte Vitalba e di Riparbella. Di fronte ai suoi pretendenti, secondo voi, AGSM non farebbe pesare queste teste di ponte?

Chiediamoci ora qual è la potenza di ogni turbina prevista sul Monte Giogo di Villore: 3,7 MW.
Beh, visti i cospicui investimenti necessari, AGSM poteva pensare ad arrotondare a 4 MW... Oppure poteva pensare a una o due turbine in più, visto che non ha nascosto l'intento di estendere la colonizzazione dei crinali locali con successive installazioni.
Però, se anche solo fossimo saliti a 3,8 MW (100 kiloWatt in più, un'inezia) per ciascuna delle otto turbine, la potenza complessiva dichiarata dell'impianto progettato sarebbe risultata di 30,4 MW, cioè, seppur di poco, superiore ai 30 MW.
E che differenza fa, si chiederà qualcuno?
Una differenza non banale: l'istruttoria del progetto non sarebbe stata di competenza regionale ma... ministeriale. Cioè AGSM sarebbe dovuta andare a cercarsi l'assenso all'installazione a... Roma, non a Firenze.
Si vede che Firenze, e la Regione Toscana... le piacciono di più.
Forse più del paesaggio, e dell'ambiente naturale, ad AGSM della Toscana piacciono di più i palazzi. Non necessariamente d'epoca.

Eppure noi confidiamo (ingenuamente?) che ci sia ancora qualcuno, dentro questi stessi palazzi, che si intestardisce a preferire il paesaggio toscano di Giotto e del Beato Angelico a quello proposto dall'AGSM Verona.
Andrea Benati

Le elaborazioni degli affreschi di Giotto e del Beato Angelico sono frutto della pazienza e della cortesia di Fabio Innocenti, che doverosamente ringraziamo.

giovedì 12 marzo 2020

Viva il Green Deal, ma non a spese del Paesaggio

Comunicato Stampa / Roma, 12 Marzo 2020
Viva il Green Deal, ma non a spese del Paesaggio
Italia Nostra, Mountain Wilderness, Pro Natura, Amici della Terra, CNP, Wilderness Italia, Comitato per la Bellezza, Altura, Movimento Azzurro, Salviamo il Paesaggio, Gruppo San Rossore e Assotuscania sono contrari alla proposta del Ministro per la Pubblica Amministrazione, Fabiana Dadone, di introdurre una Commissione di VIA semplificata per le energie rinnovabili.

Denunciano la campagna di delegittimazione delle Soprintendenze e delle politiche di tutela del paesaggio, in atto da qualche mese, da parte dell'ANEV, l’Associazione delle imprese che producono energia eolica, impropriamente riconosciuta dal Ministero dell’Ambiente come associazione ambientalista.

L’ANEV ha acquisito un peso crescente nelle decisioni sulle Energie Rinnovabili, grazie ai profitti realizzati dai propri associati negli ultimi dieci anni di sovraincentivazione delle pale eoliche, e riesce a sollecitare in difesa dei propri interessi parti della politica e dei media, coinvolgendo persino alcune associazioni ambientaliste, pretendendo che esse siano rappresentative di tutto il movimento.

Le associazioni firmatarie, invece, considerano con preoccupazione l’incremento indiscriminato delle rinnovabili elettriche che prevede, di qui al 2030, di raddoppiare le pale eoliche e di tornare ad occupare i terreni agricoli con gli impianti fotovoltaici.

Pensano che la realizzazione del Piano nazionale integrato Energia e Clima non debba scavalcare gli unici organi dello Stato rimasti a difendere il Paesaggio, la cui tutela è inserita tra i principi fondamentali della Carta Costituzionale (art. 9).

Precisano che in nessun caso possa essere considerato ammissibile sacrificare i suoli coltivabili alla riduzione del CO2, né è pensabile sfigurare tutte le nostre montagne e i crinali con pale eoliche gigantesche, alte fino a 180 metri e tali da mettere a rischio l’avifauna.


Considerando che nessuna azione umana è priva di “impronta ambientale”, le associazioni firmatarie auspicano che il Green Deal europeo in difesa del clima globale consenta di scegliere tecnologie e modalità sostenibili per l’ambiente ma anche per il territorio e per il paesaggio.

Chiedono quindi di escludere gli impianti fotovoltaici a terra, di individuare con precisione le superfici edificate adatte, urbane e industriali, e di favorire la loro copertura con pannelli fotovoltaici, e di vietare la proliferazione indiscriminata di impianti eolici devastanti.

Sarebbe un disastro se la più grande mobilitazione ambientale del secolo
portasse alla distruzione del Paesaggio e del Territorio.

Italia Nostra, Mountain Wilderness, Pro Natura,
Amici della Terra, CNP, Wilderness Italia, Comitato per la Bellezza,
Altura, Movimento Azzurro, Salviamo il Paesaggio, Gruppo San Rossore e Assotuscania

mercoledì 27 giugno 2018

Nuovi problemi con la lotta all'eolico "selvaggio"

Diffondo dall’Astrolabio (vedi sotto) la nuova lettera delle associazioni ambientaliste ai nuovi Ministri contro l'eolico industriale.
Il momento è particolarmente grave. Proprio nei giorni scorsi – e proprio mentre si stavano raccogliendo le firme di questo nuovo documento comune - l’Unione Europea ha alzato ( ! ) gli obiettivi per la produzione da Fer al 2030, già insostenibili, dal 27 al 32% dei consumi, anche grazie all’azione del Governo italiano attraverso il nuovo Ministro dello Sviluppo Economico Di Maio.
La lobby eolica esulta:
http://www.anev.org/2018/06/14/raggiunto-laccordo-ue-sulle-rinnovabili-al-32-grazie-allitalia/
L’invasione delle pale eoliche previste nella nuova Sen del Governo Gentiloni (a cui la lettera fa riferimento) rischia di essere solo un aperitivo di quanto ci aspetta con il Governo Conte, che ha affidato il settore energetico agli ultras 5 Stelle. Prima di dichiarare guerra ad oltranza, le associazioni chiedono un incontro con i Ministri interessati.
Allerto i comitati, pregandoli di agire con la massima veemenza sui loro territori, iniziando dalla diffusione di questa lettera attraverso tutti i canali a tutti gli interessati.
Saluti.

Alberto Cuppini

martedì 21 novembre 2017

Al peggio non c'è mai un limite?

Consultate il link e sbalorditevi!


https://reteresistenzacrinali.wordpress.com/2017/11/21/strategia-energetica-nazionale-2017-come-caporetto-1917/

Un ulteriore colpo di acceleratore verso la deindustrializzazione, la miseria e la distruzione del paesaggio appenninico. Se la prossima SEN la facessimo scrivere direttamente ai lobbysti dell’eolico e del fotovoltaico, risparmieremmo tempo e denaro.
gentiloni_e_ministri
Riassunto.

Pubblicato, dopo la sceneggiata delle “pubbliche consultazioni” monopolizzate dai lobbysti, il testo definitivo della Strategia Energetica Nazionale, che si vanta di perseguire, nonostante l’ammissione dei costi esagerati già sostenuti ed i rischi per la sicurezza, “un obiettivo particolarmente ambizioso, superiore anche rispetto a quanto richiesto dai parametri europei”. L’obiettivo europeo al 2030 per la produzione di rinnovabili sui consumi del 27% (peraltro NON vincolante per i singoli Stati) è stato infatti portato al 28%, concentrando l’aumento nel settore delle rinnovabili elettriche, il cui obiettivo è stato aumentato, rispetto al già fantascientifico 48-50% proposto nel testo sottoposto a pubblica consultazione, al 55%, e riservando questo ulteriore aumento ai settori dell’eolico e del fotovoltaico. I nuovi aerogeneratori da installare entro il 2030 dovrebbero sfondare persino il tetto del massimo potenziale eolico onshore previsto (e preteso) dalla stessa associazione di categoria. Ricompaiono le ambiguità delle onlus pro-eolico ed i loro rapporti con business e politica. Lo strapotere dei lobbysti, gli eccessi di servilismo ministeriale e la figuraccia del Ministro Calenda. Le crescenti avversioni nell’Unione Europea verso queste politiche energetiche autolesionistiche hanno però provocato un ritardo imprevisto e provvidenziale, che rischia di rovinare i piani della combriccola: la trasmissione a Bruxelles del Piano Nazionale energia e clima, di cui “la SEN 2017 costituisce la base programmatica e politica”, slitta di almeno un anno, quando in Italia, dopo le elezioni, ci potrebbe essere un Governo avverso agli speculatori eolici. Le associazioni e i comitati contrari all’eolico industriale selvaggio, le cui preoccupazioni sono state volgarmente ignorate dal Governo Gentiloni, dimostreranno nei prossimi mesi di non essere agnelli sacrificali.

Le strane contraddizioni nella politica energetica dei Governi di centro-sinistra.

Nel 2007 l’allora Ministro dell’Ambiente (di un Governo di centro-sinistra) Pecoraro Scanio aveva supplicato l’Europa di concedere all’Italia la riduzione al 17% dell’obiettivo (vincolante) al 2020 per la produzione di energie rinnovabili sui consumi nazionali, rispetto al 20% richiesto, per evitare il tracollo del Paese di fronte ad uno sforzo così immane. Fortunatamente la supplica era stata accolta, limitando così gli enormi danni economici e territoriali che sarebbero derivati.
Nel 2017 l’attuale Ministro dell’Ambiente (di un Governo di centro-sinistra) Galletti, unitamente al Ministro dello Sviluppo Economico Calenda, sottoscrivendo la nuova Strategia Energetica Nazionale (SEN) che indica gli obiettivi energetici nazionali al 2030, hanno invece scelto, per quelle stesse fonti rinnovabili, (pag. 75) “un obiettivo particolarmente ambizioso, superiore anche rispetto a quanto richiesto dai parametri europei“.
L’obiettivo europeo al 2030 del 27% (peraltro NON vincolante per i singoli Stati) è stato infatti portato nel testo definitivo della SEN al 28%, concentrando l’aumento nel settore delle rinnovabili elettriche, il cui obiettivo è stato aumentato, rispetto al già fantascientifico 48-50% proposto nel testo della SEN sottoposta a pubblica consultazione, al 55%, e riservando questo ulteriore aumento ai settori dell’eolico e del fotovoltaico, energie ovviamente NON programmabili.
Una differenza del 5 – 7% è tutt’altro che trascurabile. Cerchiamo di spiegarne l’entità con una banale constatazione: quest’anno la produzione dell’intero settore eolico in Italia, con tutti i danni ambientali e paesaggistici che i 7.000 aerogeneratori esistenti hanno già arrecato, non supererà il 5% dei consumi elettrici nazionali.
L’evidente contraddizione nella linea politica dei Governi di centro-sinistra tra il 2007 e il 2017 farebbe pensare ad un imprevisto successo ottenuto dalle rinnovabili elettriche nei dieci anni intercorsi. Così si potrebbe intuire anche leggendo (pag. 113) che “in questo contesto l’Italia si muove da “prima della classe” (il grassetto è nel testo. Ndr), con una penetrazione delle rinnovabili sulla produzione elettrica nazionale di circa il 39%”.
Con le rinnovabili elettriche non programmabili un disastro epocale.

In realtà, come lasciato intendere nelle loro osservazioni da quegli ambientalisti che non hanno mai firmato i “protocolli d’intesa” con l’Anev (e che sono stati tenuti in non cale dal Governo), con le rinnovabili elettriche non programmabili è stato combinato un disastro epocale, che ha contribuito alla deindustrializzazione e all’impoverimento del Paese in quest’ultimo decennio di crescita economica mondiale senza precedenti nella storia, almeno in valori assoluti. Non solo sono già stati impegnati, a regime ed a danno della futura generazione di italiani, 230 miliardi (fonte Assoelettrica), equivalenti al 14% del PIL italiano corrente e ad oltre il 10% del mostruoso debito pubblico (esplicito) del Paese, per incentivare la produzione di appena il 20% dell’energia elettrica consumata in Italia, ma si è pure destabilizzato tutto il sistema elettrico, privilegiando, tramite la priorità di dispacciamento, le fonti non programmabili come eolico e fotovoltaico.
Ne leggiamo la conferma dalla stessa SEN (pag. 115 e 116), in questa incredibile ammissione:
La diminuzione della potenza termoelettrica disponibile ha ridotto il margine di riserva, secondo le analisi di Terna, dal 30% del 2012-2014 a circa il 10% nel 2016; tale margine, sebbene sufficiente in condizioni standard, ha dimostrato di poter diventare critico e presentare dei rischi per la sicurezza in condizioni climatiche estreme e di variabilità dell’import. Ciò anche in ragione del fatto che la sostituzione di capacità termica con capacità rinnovabile non programmabile risente ancora – in termini di contributo all’adeguatezza del sistema – della limitata disponibilità delle fonti rinnovabili in particolari momenti della giornata (es. le ore 19-20 dei giorni estivi, in cui l’apporto da fotovoltaico è estremamente ridotto, ma il consumo ancora sostenuto), nonché della loro variabilità. In condizioni di particolare stress pertanto (e.g., luglio 2015 in corrispondenza della punta di consumo; inverno 2016-2017 con il fermo imprevisto di 21 centrali nucleari in Francia per motivi di sicurezza; estate 2017 in previsioni di elevata temperatura e scarsa idraulicità/ventosità), il sistema elettrico ha conosciuto una riduzione del margine di riserva operativa, critica in particolare in alcune aree del Paese.
Nel 2016 non abbiamo quindi solo sperperato 14,4 miliardi di incentivi per incentivare appena 65,5 TWh su un consumo interno lordo di 321,8 TWh, spendendo quindi, considerando gli inevitabili costi ancillari dovuti alla natura erratica della produzione eolica e fotovoltaica, oltre l’uno per cento del PIL annuale, ma abbiamo anche più volte corso “rischi per la sicurezza”, ovvero black out dalla durata e dagli esiti imprevedibili.
La sceneggiata delle “pubbliche consultazioni”.
Non bisogna essere particolarmente maliziosi per capire perchè, nei mesi scorsi nell’ambito delle “pubbliche consultazioni” sulla SEN, tutti i miracolati percettori di questa manna dal cielo (e delle grosse briciole che dalla manna si staccano) abbiano preso la penna in mano e abbiano scritto, loro stessi o i loro mercenari, al Governo italiano, chiedendogli di “alzare l’asticella” delle rinnovabili elettriche persino oltre l’inverosimile.
Come temuto, la sceneggiata governativa delle “pubbliche consultazioni” ha ottenuto il risultato di concentrare il fuoco dei lobbysti, diffondendo l’impressione di un falso unanimismo, nel totale disinteresse della pubblica opinione e dei media. A conferma di ciò, la scorsa settimana, giornali e TV hanno, di fatto, ignorato la presentazione del testo definitivo della SEN.
Adesso c’è la prova provata: dalla lettura del testo definitivo della SEN risulta che, in buona sostanza, nessun altro “pubblico” suggerimento che comportasse un esborso di “pubbliche” risorse anche marginalmente equivalenti all’entità di quello che si renderà necessario per l’ulteriore aumento del già insostenibile aumento delle rinnovabili elettriche non programmabili previsto nella bozza della SEN è stato accolto dal Governo.
Nonostante tutti gli sforzi declamatori compiuti per dimostrare in modo elegante (ma non troppo sincero e con forzature oltre il limite del grottesco) gli indimostrabili vantaggi delle rinnovabili elettriche non programmabili, e lo sfoggio di tutto l’armamentario delle tecniche aziendalistiche delle Business School made in USA, il Governo dà l’impressione di volersi arrampicare sugli specchi e non convince nessuno che non fosse già convinto.
La nostra tesi che la Strategia Energetica Nazionale fosse in realtà una Strategia Elettrica Nazionale, a vantaggio di clientele ormai fin troppo chiaramente individuate e non del bene comune, si è ancor più rafforzata.
I nuovi insostenibili aumenti si aggiungono al già insostenibile sforzo per le FER elettriche non programmabili di questi ultimi anni. Tre indizi di “insostenibili aumenti” consecutivi fanno una prova: la bolla speculativa si sta auto alimentando.
Il Governo si è dimostrato, per la seconda volta in pochi mesi, uno zelante esecutore delle medesime pretese. E così, ora, la manna dal cielo dovrà essere raddoppiata.
Ricompaiono i rapporti incestuosi tra onlus, business e politica
Esultano i lobbysti, che con mala grazia fanno pubblicamente sapere che il Governo si è vieppiù piegato ad una loro ben precisa “richiesta” in questo settore.
Come riportato da Qualenergia nell’articolo “SEN: operatori e ambientalisti esprimono un giudizio positivo, ma con riserva“, il coordinamento FREE, di cui fa parte anche la onlus Legambiente, (il cui Presidente onorario Ermete Realacci è Presidente della Commissione Ambiente della Camera), ha comunicato: “la SEN conferma sostanzialmente il giudizio sul documento di consultazione, con un passo in avanti per il contributo delle rinnovabili, 28% invece che 27%, dovuto al passaggio delle rinnovabili elettriche dal 48-50% al 55%, come da noi richiesto nel corso della consultazione”.
La presenza del Presidente del Consiglio Gentiloni, per il quale Legambiente ha rappresentato il trampolino di lancio verso il Potere, al vernissage della nuova SEN non è stata certo casuale. Nel 2013 l’allora Presidente del Consiglio Monti si era ben guardato dall’essere presente alla presentazione al pubblico della prima SEN firmata dai suoi Ministri Passera e Clini, che appariva un pateracchio raffazzonato in extremis per compiacere una combutta di clientes.
Il doppio salto mortale rovesciato del Ministro Calenda.

Ma in questa poco edificante vicenda, più di ogni altra cosa, ci ha fatto cadere le braccia la puerile dichiarazione di Calenda, proprio in sede di presentazione della nuova SEN, secondo cui gli investimenti complessivi aggiuntivi previsti (previsti secondo quello che assicura lui, perchè nella SEN non c’è alcuna traccia di simili conteggi) e ammontanti a 175 miliardi riguarderebbero solo in misura minore le fonti rinnovabili (quindi tutte le rinnovabili, non solo quelle elettriche) per “appena” 35 miliardi complessivi.
Facendo qualche conteggio elementare scopriamo infatti che il solo aumento dall’attuale 32 – 35% (in condizioni di normale piovosità) al 55% della produzione elettrica da rinnovabili sui consumi previsto per il 2030 dovrà essere, in costanza dei consumi correnti, grosso modo equivalente alla attuale produzione elettrica da FER incentivata, cioè di 65,5 TWh. Appare stravagante credere che per finanziare tale incremento si possano spendere meno di 35 miliardi (ripetiamo: i 35 miliardi dovrebbero essere destinati a tutte le rinnovabili, compresi i settori riscaldamento/raffrescamento e i trasporti) se negli ultimi anni per incentivare la stessa quantità di energia elettrica ne sono stati impegnati 230. Delle due l’una: o
Ipotesi a) si tratta di una millanteria di Calenda, che ha comunicato senza basi concrete un numero a caso per dare l’impressione di favorire l’efficienza energetica, per la quale – al contrario – ha indicato una previsione di spesa per investimenti esageratamente alta (110 miliardi, senza peraltro specificare a che cosa dovrebbero servire e soprattutto a chi dovrebbero essere addebitati). Calenda lo avrebbe fatto per non smentire se stesso in tutte quelle dichiarazioni di ravvedimento virtuoso della politica energetica da lui spacciate negli ultimi mesi,
oppure
Ipotesi b) i 230 miliardi impegnati finora per le sole FER elettriche sono stati davvero, fuor di metafora, quel “furto dalle tasche degli italiani” di cui parlava il suo predecessore al MISE Corrado Passera (a quel tempo Passera aveva quantificato “solo” 170 miliardi). Se l’ordine di grandezza fosse quello che dichiara Calenda, ne sarebbero stati più che sufficienti una piccola frazione, a meno di non credere ai rivoluzionari – e inesistenti – progressi tecnologici nel frattempo intervenuti, almeno secondo la SEN. Confidando forse in un evento epifanico nel 2020, la stessa SEN riserva alle rinnovabili elettriche (pag. 17) “fino al 2020 promozione di nuovi investimenti tramite incentivi sulla produzione estendendo lo strumento delle aste competitive, adottando un approccio di neutralità tra tecnologie con strutture e livelli di costi affini per stimolare la concorrenza… Dal 2020 i meccanismi di supporto alle rinnovabili evolveranno verso la market parity“.
Ma, se fosse vera questa seconda ipotesi, il problema non sarebbe più solo politico: il furto è (o almeno dovrebbe essere) un reato penale.
Un eccesso di servilismo ministeriale.

In tutta questa esibizione di zelo dei burocrati ministeriali si è persino verificato un fantozziano episodio di eccesso di servilismo. Tutto l’ ulteriore incremento è stato concentrato su eolico e fotovoltaico, ignorando del tutto le enormi potenzialità inespresse dell’idroelettico a bacino già esistente, (si veda il grafico a barre a pagina 77, che nella sua capacità di sintesi è la pagina più importante di tutta la SEN,
prima
Incrementi previsti nel testo sottoposto a pubblica consultazione
e lo si confronti con quello a pagina 49 della bozza).
seconda
Incrementi previsti nel testo definitivo della SEN
Nel contempo si è pensato astutamente di ridurre, con un tocco di bacchetta magica per non allarmare ancor di più chi si preoccupa di tutela del paesaggio, le previsioni dei consumi al 2030 attorno ai 330 TWh (il dato lo si può ricavare per deduzione dal secondo grafico con una somma e una semplice proporzione, partendo dalla percentuale di rinnovabili al 55%), mentre, secondo la bozza che prevedeva una percentuale di rinnovabili al 48 – 50%, avrebbero dovuto sfiorare i 350 TWh (dato ottenibile dal primo grafico con lo stesso metodo deduttivo).
Il guaio è che, così facendo, il premuroso funzionario che ha corretto il grafico a barre, aumentando solo quelle dell’eolico onshore e del FV, ha seguito supinamente i desiderata dell’Anev portando la barra dell’eolico onshore all’esatto livello della massima produzione elettrica da eolico dall’Anev stessa indicata, cioè 36,4 TWh (vedi qui sotto il grafico Anev “Il potenziale eolico italiano” sullo scenario al 2030 come riportato da Qualenergia)
grafico
senza rendersi conto che questa produzione dovrebbe essere il frutto di 17.150 MW (per puro caso esattamente il doppio del potenziale eolico ora installato) di cui, però, 950 MW dovrebbero essere offshore. E dunque al 2030, secondo la SEN e se i dati dell’Anev fossero verosimili (…), i nuovi aerogeneratori da installare dovrebbero sfondare persino il tetto del massimo potenziale eolico onshore previsto (e preteso) dalla stessa associazione di categoria.
Ora l’Anev, inebriata dal trionfo, esige di passare subito alla cassa, reclamando dal Governo un decreto ministeriale per garantirsi fino al 2020 gli incentivi promessi, senza neppure attendere il Piano Nazionale energia e ambiente.
Con il testo definitivo della SEN, a maggior ragione, si confermano le trame dei lobbysti come denunciato nel nostro ultimo post, a cui rimandiamo, dove ancora si era fermi alla prima versione della SEN, e dove ancora non ci si immaginava che gli obiettivi già inverosimili per l’eolico sarebbero stati ulteriormente (e così spudoratamente) alzati.
Le crepe nell’Unione per l’Energia provocano un ritardo imprevisto e provvidenziale.
Per fortuna, in questi ultimi mesi, si è verificato un imprevisto che ha fatto saltare la strategia dei lobbysti e dei loro manutengoli. I tempi per chiudere il cerchio delle loro malefatte erano strettissimi già prima, ma adesso sono slittati di almeno un anno. E quel che è peggio (peggio per i lobbysti, si intende) è che l’imprevisto si è verificato in un ambito fuori dal controllo del Governo italiano: la stessa CE. La “Governance dell’Unione per l’Energia” non appare più tanto concorde come si voleva far credere, e tutti i tempi previsti con granitica certezza nella bozza della SEN a pag. 203 e 204, dove appariva sicuro che i chiodi alla bara del paesaggio italiano sarebbero stati piantati entro il primo gennaio 2018 con la trasmissione alla CE della prima versione del Piano Nazionale energia e clima, sono miseramente saltati.
Ecco come il testo definitivo della nuova SEN (pag. 259) illustra l’attuale situazione, in termini ottativi e modi condizionali che rendono manifesti imbarazzo e delusione del Governo per le difficoltà sopravvenute, allontanando sine die l’approdo sicuro atteso dai lobbysti:
“Sebbene il dibattito sulle proposte comunitarie sia in corso, sembra condivisa, nelle sue linee generali, la parte della proposta di regolamento che richiede a tutti gli Stati Membri di redigere dei Piani nazionali integrati per l’energia e il clima… In quest’ottica, la SEN 2017 costituisce la base programmatica e politica per la preparazione del Piano energia e clima, che dovrebbe essere trasmesso in bozza entro la fine del 2018 e in versione definitiva entro la fine del 2019”.
In materia di lotta ai cambiamenti climatici, evidentemente, nella stessa Unione Europea non c’è quell’unanimismo autoflagellatorio, anti-industriale e terzomondista che i lobbysti e il Governo italiano davano per scontato.
Il ritardo di almeno un anno per ottenere la grazia santificante di Bruxelles – che servirebbe a blindare gli obiettivi energetici proposti dal Governo e permetterebbe agli speculatori eolici di far credere ai gonzi che lo scempio del territorio nazionale, da essi stessi perpetrato, “ce lo impone l’Europa” – rischia di rovinare i piani della combriccola: l’anno prossimo si terranno infatti le elezioni politiche. Il pericolo (per i lobbysti) è di ritrovarsi con un altro Governo e di dovere ricominciare tutto daccapo.
Una SEN scritta sulla sabbia.
Si realizzerebbe dunque una delle condizioni ostative (“ogni Sen deve, dovrebbe, essere impermeabile al variare dei governi”) indicate dal Professor (ed ex Ministro) Alberto Clò nell’arguto articolo pubblicato sulla Staffetta Quotidiana il 24 giugno scorso sotto il significativo titolo “Sen 2017, una strategia scritta sulla sabbia”. Tale auspicata impermeabilità della SEN dovrebbe evitare, secondo Clò, di disperdere di nuovo tutti gli sforzi, come accaduto a “quanto era stato programmato come strategico solo quattro anni fa: nella SEN approvata l’8 marzo 2013 con decreto congiunto dei Ministri dello Sviluppo Economico (Corrado Passera) e dell’Ambiente (Corrado Clini). Una SEN, come si sa, nata defunta per l’incombente fine della legislatura”.
Riportiamo due passaggi di quell’articolo, invitando i nostri lettori a leggerlo integralmente dal sito web della Staffetta Quotidiana:
“… per gli estensori della nuova SEN quel che si intende per strategico segue più l’onda emotiva del politicamente gradito che le ragioni dell’economicamente razionale. La volubilità della nostra politica è tuttavia tale da non poter ritenere che la nuova SEN abbia una qualche chance in più di quella precedente… un pesante interrogativo incombe infatti su di essa: chi uscirà vincitore dalla prossima competizione elettorale la farà propria o dobbiamo attenderne una nuova come mestamente accaduto con la precedente SEN? Sinceramente propenderei per la seconda. Se così fosse: tanto rumore per nulla.”
Il Professor Clò trascurava però quanto denunciato dal nostro post, e cioè che “il fine ultimo della nuova SEN non è quello di fornire un autorevole atto di indirizzo politico in un settore vitale dell’economia nazionale, che certamente non può essere realizzato in extremis da un governo a fine legislatura, quanto piuttosto di essere il passe-partout per raggiungere obiettivi inverosimili in materia (soprattutto) di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili non programmabili… lo sviluppo della SEN 2017 è propedeutico alla preparazione del Piano Nazionale energia e clima, la cui prima versione dovrebbe essere trasmessa alla CE entro il primo gennaio 2018. Nel Piano Nazionale energia e clima verranno tradotti in cifre gli obiettivi italiani al 2030 illustrati nella Strategia Energetica ed in particolare quelli della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, che appaiono, per l’entità sproporzionata dei costi sottesi, il vero traguardo a cui si punta… Il successivo Piano Nazionale, se approvato (come sarà approvato) dalla CE, diventerebbe infatti vincolante per l’Italia e renderebbe tale installazione (che la bozza della SEN fa vagheggiare pressochè a costo zero), di fatto, obbligatoria. Si dovranno quindi costruire a tutti i costi impianti eolici dappertutto”.
Le associazioni e i comitati contrari alla speculazione eolica non sono agnelli sacrificali.

Il cerchio stava per chiudersi: per raggiungere i nuovi obiettivi al 2030, quando questi verranno presentati a Bruxelles e approvati, si dovranno alzare di nuovo gli incentivi, e i nostri “amici” si ripresenteranno in massa sulle nostre montagne a tormentarci con i loro mega progetti di mega pale eoliche, come accadeva fino alla riforma degli incentivi nel 2012. Questa volta avranno dalla loro anche una legislazione di tutela paesaggistica ed ambientale più permissiva.
Ma adesso, dopo questo scivolamento in avanti delle scadenze europee, prima di presentare il Piano Nazionale all’Europa si voterà per le elezioni politiche. Voteranno 40 milioni di italiani, e non i 14,4 miliardi di incentivi regalati lo scorso anno alle FER elettriche. Abbiamo motivo di ritenere che qualcuno, tra questi 40 milioni di italiani, non sia stato molto contento di quanto realizzato dai Governi di questa legislatura. Di sicuro possiamo garantire al Governo Gentiloni che, con questa SEN, il numero degli scontenti è aumentato. E nei prossimi mesi questi scontenti non rimarranno con le mani in mano.
Alberto Cuppini

domenica 12 gennaio 2014

COMUNICAZIONE da ALBO PRETORIO - COMUNE DI BRISIGHELLA

Segnaliamo che il Comune di Brisighella, in adempimento agli obblighi di Legge, ha pubblicato sull'Albo Pretorio la disposizione di Tutela dell'area di Monte Romano (Brisighella) formulata dalla Soprintendenza. Potete quindi prendere visione del documento e della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana al link indicato alla voce documento (da noi duplicato su spazio web indipendente).

Albo Pretorio
Dettaglio pubblicazione
Numero Pubblicazione
3
Anno Pubblicazione
2014
Mittente
Comune Di Brisighella
Tipo Atto
Comunicato
Registro Generale
0
Oggetto Atto
LOCALITA' MONTE ROMANO. DICHIARAZIONE DI INTERESSE PUBBLICO AI SENSI DELL'ART. 136, COMMA 1, LETT. C) E D) DEL D.LGS 42/2004 E S.M.I. COMUNICAZIONE AI SENSI DELL'ART. 140 DEL D.LGS 42/2004 E s.m.i.
Data Atto
Data Inizio Pubblicazione
07/01/2014
Data Fine Pubblicazione
07/04/2014
Documento
File Documento -MONTE ROMANO GIUSTO.pdf

martedì 10 dicembre 2013

Monte Romano : dichiarazione di notevole interesse pubblico dell'area



COMUNICATO UFFICIALE                

Dichiarazione di notevole interesse pubblico dell'area sita in localita' Monte Romano, nel comune di Brisighella. (13A09835) (GU Serie Generale n.288 del 9-12-2013) 



La Direzione regionale  per  i  beni  culturali  e  paesaggistici
dell'Emilia-Romagna avvisa che in  data  7  novembre  2013  e'  stato
adottato il provvedimento di dichiarazione  di  notevole  interesse
pubblico dell'area sita in localita' di Monte Romano, nel  comune  di
Brisighella (Ravenna). 

    Il decreto del direttore regionale con i seguenti allegati che ne
costituiscono parte integrante: 

      A. Descrizione dei confini; 
      B. Relazione  descrittiva  delle  peculiarita'  paesaggistiche
         dell'ambito di tutela; 
      C. Cartografie di individuazione e di analisi (n. 5 tavole); 
      D. Documentazione fotografica; 
      E. Disciplina di Tutela e prescrizioni d'uso, 

sono consultabili nel sito www.emiliaromagna.beniculturali.it